Vi aggiorno sull’evoluzione dell’incredibile viaggio di Ipnocrazia (qui, qui e qui alcune delle puntate precedenti). Sono avvenute parecchie cose molto gustose.
Juan Gabriel Vazquez, uno dei più importanti scrittori latinoamericani contemporanei, ha raccontato l’esperimento di Jianwei Xun nel suo Discorso al Congresso delle Imprese Colombiano, uno degli eventi economico-politici più rilevanti dell’America Latina. Qui El Paìs lo riporta integralmente. Vásquez ha colto perfettamente il paradosso del progetto e vi ha riconosciuto una dimostrazione performativa delle tesi sostenute, ancor più potente dopo la rivelazione.
Grazie a Xun sono finito con il tenere un corso online per l’Universidad del Sur di Buenos Aires su Borges e l’Intelligenza Artificiale. Un sogno. Veramente un sogno. Da bravo italiano ho chiesto e ottenuto l’accesso al corso a una decina di abbonati alla newsletter alla terza lezione aumma aumma. Lezione che si è svolta stanotte (secondo me gli studenti italiani si sono addormentati tutti, visto che abbiamo finito praticamente all’una).
Venerdì scorso sono stato in Svizzera, ospite del centro di esplorazione digitale di Losanna Pyxis, con una lectio su Ipnocrazia. Pyxis è uno dei luoghi più avanzati in Europa per la riflessione critica sulle tecnologie emergenti. Era la prima volta che tenevo una lezione di un’ora in inglese su questo progetto e sono stato davvero felice del fatto che abbiano partecipato con entusiasmo in tanti, a conferma del fatto che l’esperimento ha intercettato questioni molto urgenti per chi si occupa di cultura digitale. Ho anche proiettato un video con un intervento di Xun (che parla un ottimo francese, a differenza mia).
Nelle scorse settimane ho parlato di Ipnocrazia anche al Festival del Pensare Contemporaneo, insieme a Cecilia Danesi (giurista argentina) e Derrick De Kerckhove (sociologo belga).
La presenza di De Kerckhove ha avuto per me un significato particolare: è l’allievo di McLuhan, il teorico dell’intelligenza connettiva già negli anni Novanta, tra i primi a intuire come le tecnologie digitali non fossero semplici strumenti ma estensioni del nostro sistema nervoso collettivo, nel bene e nel male.
Ho scritto la postfazione al suo ultimo libro, L’uomo quantistico, uscito la scorsa settimana per Rai Libri, in cui ogni capitolo si apre con una citazione di Xun.

Nuovi progetti
Jianwei Xun a novembre terrà un corso all’AANT, l’Accademia di Arti e Nuove Tecnologie di Roma, su Filosofia e pratica del dialogo con l’intelligenza artificiale. Sotto il nome “Jianwei Xun” ci saranno giuriste, artisti, filosofe, poeti, ingegneri e giornalisti. Se Xun era nato come dialogo tra me e l’IA, ora è un collettivo che incarna quella soggettività distribuita di cui parlava il libro.
Se non è folle questo, io non so che dire.
All’AANT è nato anche GenIALab, un HUB di ricerca interdisciplinare dedicato all’intelligenza artificiale, alla cultura digitale, alle tecnologie cognitive e all’innovazione creativa, di cui attualmente sono il Presidente (finché non faccio qualche stupidaggine, cosa probabile).
Maura e io saremo in Francia a parlare di Hypnocratie. Nello specifico a Marsiglia, durante la Semaine de la Pop-Philosophie.
Nuove uscite
È in preordine Hypnocracy, l’edizione inglese che uscirà negli USA e in Canada per Sutherland House.
Ci sono un paio di altre specialità della casa che bollono in pentola, ma le racconterò presto. Piuttosto, Xun ha scritto un articolo su Kirk e la censura americana, questo qui sotto:
Mi ha colpito molto che nessuno abbia alzato la mano per dire “Ah, ma quindi Xun scrive ancora, non è finita lì!”. Chi aveva apprezzato l’esperimento si è letto con piacere il pezzo del Nostro, come se nulla fosse. E ha commentato, condiviso, apprezzato, senza fare una piega di fronte al fatto che a scrivere il pezzo sia stato, appunto, il nostro Jianwei. Anche il filosofo Franco “Bifo” Berardi ha condiviso il pezzo in questione definendolo “l’analisi più interessante che io abbia letto su questo argomento” (qui).
Le accuse feroci ricevute ad aprile per aver creato con Ipnocrazia una frode, un furto, un atto osceno in luogo pubblico sono molto diminuite dopo l’articolo uscito sul New York Times, ma in fondo anche quelle fanno parte dell’esperimento (che sì, è ancora in corso).
Un marzIAno a Roma
Il fatto che Xun continui a scrivere e che pian piano nessuno si stupisce più mi ricorda Un marziano a Roma di Ennio Flaiano. Nel racconto, un marziano atterra nella capitale e, dopo lo stupore iniziale, i romani lo assorbono nella loro quotidianità con disarmante naturalezza; diventa una celebrità, partecipa ai salotti, viene intervistato, finché la sua presenza aliena non è più scandalo ma routine.
Flaiano coglieva già negli anni Cinquanta quella capacità (molto italiana) di metabolizzare l’impossibile trasformandolo in spettacolo, di addomesticare l’alterità radicale riducendola a fenomeno mediatico.
Con Xun sta succedendo qualcosa di simile, ma anche di diverso. La modalità ibrida di produzione del pensiero sta diventando parte del paesaggio culturale contemporaneo. E questa storia è al tempo stesso il successo dell’esperimento e il suo rischio maggiore: che da perturbazione filosofica diventi prassi assodata, e che la faccenda si normalizzi proprio mentre dovrebbe mantenere la sua carica eversiva.

Forse, a differenza del marziano di Flaiano che alla fine scompare nella notte romana, Xun può continuare a operare proprio perché è simultaneamente legittimo e illegittimo, presente e assente. Il collettivo che insegnerà all’AANT, i libri che escono in giro per il mondo, GenIALab - sono tutti modi con cui provare a mantenere produttiva questa tensione.
In fondo, se Xun continua malgrado tutto a generare entusiasmi, perplessità e riflessioni vuol dire che qualcosa, in questa strana operazione, continua a resistere all’ipnocrazia che denuncia.
Vi tengo aggiornati sui prossimi sviluppi.
Nel frattempo, buona trance.
A.
P.s. Ah. A febbraio esce il seguito.