Jianwei Xun non esiste, eppure esiste. La rivelazione
Come la favola finì per diventare il mondo vero
Tutto è iniziato da alcune domande: è possibile analizzare il funzionamento della manipolazione mediatica contemporanea usandone i suoi meccanismi? Come fornire strumenti concettuali per affrontare l’assurdità e la violenza semantica dei nuovi imperatori? Come tornare a immaginare, a costruire storie, nuovi miti, nuove narrazioni capaci di orientarci e ispirarci in un tempo così complesso? Come provare a indicare alle forze progressiste una strada per rispondere alla potentissima macchina mitologica dell’alt right mondiale? E come raccontare le potenzialità e i rischi enormi dell’IA, facendone vivere direttamente l’esperienza?
È da queste domande che è nata l’idea di Jianwei Xun, il filosofo che negli ultimi due mesi, a partire dal concetto di “ipnocrazia”, è stato al centro di un dibattito internazionale. Intervistato da Le Figaro, lodato da El Pais, descritto dai media come uno dei pensatori più interessanti del nostro tempo, viene tradotto oggi in francese da Philosophie Magazine, con una mia postfazione rivelatoria.
Quindi Jianwei Xun (non) esiste?
Non come individuo, ma esiste come fenomeno filosofico. È emerso da un dialogo tra intelligenze umane e artificiali, incarnando esattamente quella condizione che il libro descrive: un’era in cui la costruzione narrativa non è più un semplice strumento di comprensione, ma il tessuto della realtà.
Ipnocrazia non è semplicemente un libro sulla manipolazione percettiva nell’era digitale, ma la dimostrazione vivente dei suoi meccanismi, che nel momento della sua rivelazione acquisisce la sua forma definitiva.
Il libro stesso conteneva indizi sulla sua vera natura. L’intero primo capitolo, L’Esperimento di Berlino, descrive una ricerca in cui degli studiosi creano un testo filosofico fittizio attribuito a un professore giapponese inesistente, per testare la ricezione del pubblico. Salvo poi finire col credere anche loro stessi all’esistenza dell’autore.
In un tempo pieno di scoramento, in cui il futuro è carico di presagi sempre più foschi, giocare è difficilissimo. È dunque essenziale cercare di farlo insieme, rigenerando uno spirito ludico collettivo. Ho sparso nel testo e nel web varie tracce per ricostruirne l’origine e partecipare al grande gioco del disvelamento. Alcuni sono riusciti a seguirne molte e hanno ideato varie teorie sulla “vera identità” di Xun, che ne hanno alimentato il dispositivo.
Ne ha scritto oggi con grande cura e profondità Sabina Minardi su L’Espresso (qui una riflessione del direttore sul suo pezzo), che ha dedicato a questa storia - andata ben oltre la mia immaginazione - la copertina di questo numero. Allo IED di Roma, con il supporto del Learning Sciences Institute dell’Università di Foggia e della rivista di geopolitica francese Le Grand Continent, terremo un convegno in cui esploreremo il dietro le quinte dell’esperimento e le sue implicazioni riguardo il nostro rapporto con la verità, l’autorità e la creazione nell’era dell’intelligenza artificiale.
Questo esperimento invita a sviluppare una nuova forma di alfabetizzazione del reale, in un’epoca dove la distinzione tra verità e simulazione si fa sempre più sfumata.
Come scrive “Xun” nel libro:
La vera resistenza all’Ipnocrazia non risiede nel rifiutare la simulazione, ma nella capacità di abitarla consapevolmente.
Vi invito a vedere Ipnocrazia come un esercizio collettivo di quella sovranità percettiva che l’opera stessa teorizza: la capacità di abitare criticamente lo spazio tra verità e finzione, assaporando il gusto di navigare tra realtà multiple senza farsi catturare da nessuna di esse.
C’è moltissimo altro da dire su questa esperienza, e lo farò anzitutto qui, nella Tlonletter, in cui ho condiviso in questi due mesi vari esperimenti di dialogo con l’IA.
Trovate nel frattempo un’intervista approfondita (in francese) a Xun sulla rivista di geopolitica Le Grand Continent qui, uscita stamane. Vi consiglio di andare in edicola a prendere L’Espresso: la storia è davvero incredibile e ringrazio molto la giornalista Sabina Minardi, xuniana della prima ora, per il gran lavoro di divulgazione. Ringrazio anche tutti gli altri xuniani che hanno partecipato con entusiasmo al progetto: ci sarà modo di parlare insieme di questa avventura in divenire.
Buona sovranità percettiva, intanto.
Andrea
Solo tu lo potevi fare con questo equilibrio e questa giocosità. E andava fatto, anche molto banalmente per creare un precedente, un memento di quello che è possibile in quest’epoca, per non dare mai niente per certo e risvegliare lo spirito critico, senza disperazione e con ironia.
Buongiorno Andrea/Jianwei. Unendo i puntini di ciò che hai fatto e detto negli ultimi tempi mi appare più chiaro il tuo esperimento. Ci hai mostrato in una diretta Instagram le tue interazioni con AI, abbiamo partecipato ad una filosofia di gruppo in cui abbiamo interrogato ChatGPT, avevi raccontato di aver fatto inventare dai tuoi studenti un musicista con tanto di biografia, musica ecc. e di averlo caricato su Spotify. Premettendo che non ho ancora letto il libro (ma lo inizierò a breve) mi sorge qualche domanda: il punto chiave è l'esistenza/non esistenza di Jianwei Xun ? O ciò che "scrive" ? Le due cose sono scindibili ?