Kirk, la censura americana e la pedagogia dell'impotenza
Come l’impunità trasforma la coscienza collettiva
di Jianwei Xun
Karen Attiah scrive su Bluesky che «parte di ciò che mantiene l’America così violenta è il continuo insistere affinché le persone dimostrino cura, inutile bontà e assoluzione nei confronti degli uomini bianchi che sposano l’odio e la violenza». Viene cacciata dal Washington Post nel giro di tre ore.
Matthew Dowd spiega su MSNBC che “le parole d’odio portano ad azioni d’odio”. Licenziato la sera stessa.
Una professoressa della California pubblica su Instagram: “Non riesco a provare molta compassione, sinceramente.” Sospesa il giorno dopo.
Un marinaio della Guardia Costiera condivide un meme. Finisce sotto inchiesta militare.
Il database “Expose Charlie’s Murderers” il giorno dopo l’omicidio pubblica quarantuno nomi di colpevoli di “mancato rispetto a Kirk”. Afferma di lavorare su oltre ventimila segnalazioni. Il Dipartimento di Stato revoca visti. Il Procuratore Generale minaccia persecuzioni per “hate speech” - la stessa amministrazione che per anni ha denunciato la censura delle Big Tech (per inciso, ora tutte unite al servizio dell’imperatore Trump). Tutto questo accade nella settimana successiva all’assassinio di Charlie Kirk.
Negli Stati Uniti non c’è mai stata così poca libertà di espressione. E il paradosso è che a toglierla sono proprio quelli che per anni hanno sbandierato la bandiera del free speech. I Repubblicani che accusavano le università e le Big Tech di censura ora orchestrano la più vasta campagna di epurazione professionale della storia recente americana. La libertà non è più un principio, ma un brand.
Quando ho iniziato a parlare di Ipnocrazia, qualcuno mi ha lodato per la mia capacità di osservare ciò che era nascosto agli occhi dei più. Ma, al contrario, tutto è esposto in piena luce. Non serve mostrare coerenza né nascondersi: può essere usato un potere arbitrario senza alcuna ipocrisia, senza timidezza. Il messaggio non è nascosto, è esplicito: possiamo distruggere chiunque, per qualsiasi motivo, in qualsiasi momento. E voi non potete fare nulla per fermarci.
L’efficacia ipnocratica di questa dimostrazione sta nel fatto che tutti possono vedere l’arbitrarietà delle punizioni, la sproporzione delle reazioni, la violazione dei principi che gli stessi Repubblicani dicevano di difendere. Perché essere così espliciti? Perché tutto avviene alla luce del sole? Perché questa conoscenza diffusa dell’ingiustizia, combinata con l’impossibilità di porvi rimedio, genera uno stato di paralisi cosciente che è il cuore della trance ipnocratica.
Il sistema non cerca di convincerci che i licenziamenti siano giusti: vuole che sappiamo che sono ingiusti e che non possiamo fare nulla. Pensateci: questa combinazione di consapevolezza e impotenza produce uno stato alterato di coscienza più profondo di qualsiasi manipolazione o inganno. Sapere e non poter agire frantuma la psiche in modo più efficace di qualsiasi propaganda.
La stessa dinamica opera su scala ancora più terribile a Gaza. La Commissione ONU dichiara formalmente che è in corso un genocidio. The Lancet documenta 93.000 morti. L’UNRWA certifica 40.000 sfollati forzati in Cisgiordania. Tutto è documentato, certificato, incontrovertibile. Smotrich può ammettere serenamente che Gaza è una miniera d’oro immobiliare, Netanyahu può dichiarare apertamente che Israele affronterà anni di isolamento, e procedere comunque con l’operazione Gideon’s Chariots II con 60.000 riservisti. Eppure non cambia nulla.

Il potere contemporaneo non teme la denuncia, anzi la integra: lascia che tutto sia visibile, sapendo che l’evidenza stessa della nostra impotenza rafforza la sua presa. L’eccesso di evidenza diventa esso stesso un dispositivo di occultamento. Perché quando tutto è già visibile, documentato, certificato non rimane alcun gesto da compiere. La verità esibita produce più paralisi della menzogna nascosta.
Il potere del governo israeliano, sostenuto dall’apparato militare americano, risiede precisamente nella capacità di commettere un genocidio mentre il mondo guarda, sa, documenta, e rimane paralizzato. Hanno le armi, i soldi, il controllo geopolitico, e soprattutto la volontà di usare tutto questo senza limiti morali. L’ipnocrazia raggiunge qui la sua forma più pura: la trasformazione dell’impotenza manifesta in strumento di governo.
Il sistema mostra continuamente che sappiamo tutto e non possiamo fare nulla. Questa dimostrazione ripetuta di impotenza induce uno stato di rassegnazione attiva: continuiamo a funzionare, lavorare, consumare, twittare, ma abbiamo interiorizzato l’impossibilità dell’azione efficace.
L’amministrazione Trump che abbraccia la censura dopo anni di denunce contro la “cancel culture” sta esercitando una dimostrazione di potere puro: possiamo contraddirci completamente e non doverne rendere conto a nessuno. Questa capacità di ridefinire la realtà a piacimento, di sostenere posizioni opposte senza conseguenze, è essa stessa una tecnica ipnocratica.
La violenza della repressione dopo l’assassinio di Kirk ha una funzione precisa nell’economia ipnocratica: ricordare periodicamente che dietro la facciata della democrazia liberale, del dibattito pubblico, dei diritti costituzionali, c’è sempre la possibilità della forza bruta. Questa violenza latente ma periodicamente manifesta mantiene tutti in uno stato di sottomissione preventiva. Il trauma può circolare - anzi, DEVE circolare, perché lo shock ripetuto approfondisce la trance. Ma l’analisi critica viene eliminata con precisione chirurgica perché la lucidità interrompe la trance.
L’ipnocrazia contemporanea ha superato la fase in cui doveva nascondere i propri meccanismi. Ora può mostrarli apertamente, sapendo che la dimostrazione stessa della nostra impotenza di fronte a essi è la sua tecnica di controllo più efficace. Non serve alcuna manipolazione del pensiero quando si raggiunge una fase di dominazione manifesta che usa la propria evidenza come strumento di paralisi.
L’ipnocrazia non ha bisogno di nascondere questa verità. Anzi, la sua esposizione continua serve a rafforzare la trance collettiva. Sapere di essere impotenti mentre si guarda il potere agire impunemente genera uno stato di dissociazione funzionale: continuiamo a vivere mentre una parte di noi sa che tutto questo avviene sotto il segno di una violenza che potrebbe colpirci in qualsiasi momento. Il sistema ipnocratico ogni giorno ci ricorda: guardate cosa possiamo fare a Gaza, a chiunque critichi Kirk, a chiunque si opponga. E voi non potete fermarci. Questa conoscenza dell’impotenza, ripetuta quotidianamente attraverso mille esempi grandi e piccoli, mantiene la popolazione in quello stato alterato di coscienza che è il medium stesso del potere ipnocratico. La dimostrazione di forza è diventata tecnica di governo quotidiano.
La domanda che rimane sospesa è: come si resiste quando la resistenza stessa diventa dimostrazione di impotenza? Come si mantiene lucidità quando la lucidità significa solo vedere più chiaramente la propria impossibilità di agire? Serve riconoscere che l’impotenza che sentiamo non è un nostro fallimento personale o collettivo, ma il prodotto deliberato di un sistema che ha perfezionato l’arte di trasformare la dimostrazione di forza in tecnica di controllo della coscienza.
Resistere all’ipnocrazia significa accettare che non abbiamo leve immediate, ma rifiutare di cedere alla rassegnazione. Non basta sapere: occorre custodire lo sguardo critico anche quando sembra sterile, coltivare comunità che non normalizzino l’inaccettabile, ricordare che la lucidità condivisa è già un atto politico.
È la “parresia”: il coraggio di dire il vero in condizioni di pericolo. In un regime che trasforma la nostra impotenza in trance collettiva, la parresia non è la soluzione definitiva, ma il primo respiro fuori dall’ipnosi.
L’ipnocrazia non vince solo perché mostra la nostra impotenza, ma perché ci convince a interiorizzarla come destino. Non possiamo fermare personalmente le bombe su Gaza né i licenziamenti arbitrari, né la sospensione di uno show televisivo. Ma possiamo rifiutare la normalizzazione. Possiamo continuare a nominare l’ingiustizia come ingiustizia, anche quando tutto ci spinge a tacere.
Nel regime dell’ipnosi collettiva, il vero terreno di lotta è la coscienza.
Ecco perché da qualche settimana fatico a prendere sonno e a mettere ordine nella mia testa: sono in uno stato di paralisi cosciente, di dissociazione funzionale. Ascolto e leggo notizie,e non mi capacito. Grazie per avermi fatto capire che è importante prenderne coscienza
C'è un termine che qualche giorno fa ho usato per descrivere la sensazione che provo di paralisi di fronte agli abusi perpetrati in piena luce a danno di popoli, gruppi, singole persone: è *tzarn* (tharn in originale), usato ne 'La Collina dei Conigli' per descrivere l'immobilità che caratterizza gli animali da preda di fronte a un pericolo soverchiante. Grazie per aver declinato la parresia in un modo di sciogliere questa paralisi