Ciao Maura, non sono un'addetta ai lavori ma condivido appieno il tuo pensiero e le tue riflessioni. Io penso spesso alla fatica che "voi" fate. Da parte di chi ne trae beneficio dovrebbe esserci una maggiore consapevolezza che spinga ad andare oltre la presenza fisica e all'ascolto. Questo spesso manca durante le presentazioni dei libri, gli eventi e i festival, non solo da parte dei singoli ...
Nel mio piccolo cercherò di sensibilizzare i più sulla questione.
I nostri incontri per il bookclub, la filosofia di gruppo e la lettura silenziosa sono preziosi e penso anche da tanti apprezzati.
Io credo che le conferenze e le presentazioni siano presidi sociali prima ancora che culturali.
Che rappresntino la "collettività" di questi giorni, di questa epoca.
Credo che siano i luoghi dove potrebbe aprirsi un dibattito o arrivare una soluzione.
Questo, ovviamente, al netto delle diatribe, dei protagonismi, delle invidie e di tutte le criticità che si annidano nella condivisione.
Voglio dire che non credo che ribellarsi alle troppe presentazioni non pagate sia il fulcro dela questione.
Per prima cosa mi faccio una domanda: chi le dovrebbe pagare?
Chi è che, teoricamente, ci guadagna? La risposta ha infinite sfumature, una per ogni tipologia di evento e di organizzazione. In moltissimi casi non ci guadagna nessuno proprio perché i libri non si vendono.
Quindi si tratterebbe di rendere commerciale un'operazione che non potrà mai trasformarsi in commercio.
Come può diventare economicamente possibile?
Comincerei ad approfondire quella necessità della Maura ragazza che non poteva esimersi dal coinvolgere il suo paese nella sua passione.
Ecco, questa è forse l'unica motivazione reale e interessante.
Condividere.
Condividere una passione o anche, semplicemente, non negare a nessuno la possibilità di conoscere.
Da qui, però, si passa alle kermesse gigantesche e autoreplicantesi, agli sgambetti fra editori, alla caccia al nome che non ha nulla a che fare con ciò che è necessario condividere o conoscere.
Da qui si passa a mettere prezzi (anche giusti: un treno e un albergo, in qualche modo deve essere pagato). Ma chi paga? Se ci guida una motivazione appassionata, chi se ne prende il rischio?
Quale parte di noi soddisfa il fare un evento? Soddisfa l'amor proprio dello scrittore che dopo un lungo viaggiare arriva, magari, in una libreria senza neanche uno spettatore? (Maura ricorderà quello che successe tanti anni fa, quando ci riducemmo a fare un video della presentazione in una libreria deserta...); soddisfa il portafoglio o i magazzini dell'editore che vende 10 copie se gli va bene? Soddisfa il libraio che su quelle 10 copie guadagna forse 50 euro?
A me sembra assurdo il proliferare delle presentazioni (in realtà mi sembra assurdo e vicino all'implosione il proliferare di tutti gli eventi culturali), eppure il mondo chiede a gran voce, chiede con la sua presenza di essere coinvolto. Una neccessità, un'utilità sempre più forte e necessaria che non può essere filtrata dal punto di vista economico.
Credo che dovremmo ingegnarci a trovare un nuovo linguaggio per ottenere, magari con gli stessi mezzi, quello scambio collettivo che manca.
Altrimenti vedremo sempre di più peggiorare la situazioni, crescere esponenzialmente le motivazioni di tutti e ridurre di nuovo tutto ad un mero scambio di denaro.
Ciao Maura, questo podcast racchiude le riflessioni che sto affrontando proprio ora, ad Ottobre aprirò una Libreria in provincia di Pisa. Si, pensavo proprio che fosse necessario adottare nuovi approcci e sperimentare nuove gestioni nelle presentazioni. Non penso di potermi permettere di metter su una presentazione per riuscire a vendere 50 libri il giorno stesso ( se tutto va bene).
L’ idea è quella di far girare il libro prima e dopo. Prima affrontando le tematiche del libro ( o il pensiero dell’ autore, o le opere scritte prima della nuova uscita, un po’ per seguire un percorso) in un contesto di gruppi di lettura nelle scuole, consigli di lettura nella biblioteca della zona, incontri tematici coinvolgendo le associazioni del circondario. Fino all incontro con l’ autore. Questo processo una libreria non può farlo su 10 presentazioni all’ anno ma su 3 o 4 sì.
Girottolando per festival di zona (qui noi abbiamo Pensavo Peccioli organizzato da Il Post e il festival Ecofor incentrato sui temi ambientali che ha portato da noi autori importanti come Dacia Maraini) mi sono resa conto che la ‘ diffusione’ della bellezza del libro non c è. Il pubblico appartiene a una fascia di età dai 50 in sù ( cioè persone con una cultura già consolidata e attratte da queste iniziative). Ad esempio Mi piacerebbe vedere più festival organizzati dalle persone del posto, coinvolgendo i ragazzi nello staff. Per loro diventa una esperienza grandissima e riescono ad attrarre altri loro coetanei e famiglie.
A Livorno é stato organizzato un festival del genere , Festival Démadé che ha riscosso molto successo. Mi viene in mente ‘Un mare di Libri ‘ di Rimini. Creare piccole bolle qua e là, portare più giovani e collaborare tra librerie penso sia sostenibile, gratificante e positivo economicamente.
Faccio i complimenti a Te e ad Andrea perché siete tra i pochi in Italia che alle presentazioni e convegni hanno le prime tre file davanti piene di ragazzi e ragazze!!
E non affrontate temi da poco!!
Oltre voi forse mi viene in mente Recalcati ( forse gira più per le università) e Barbero che però è inflazionato a tutte le età 😂
E poi non voglio semplificare troppo l’aspetto economico, ma i libri costano quanto una maglietta di h&m ,comprarli è una scelta. Oggi giorno si può scegliere ed è possibile trovare copie usate o promozioni anche nelle librerie indipendenti.
A queste riflessioni più che legittime, penso a quelli che non sono neppure autori o autrici e che pur di far parte del mondo culturale e artistico, accettano di non essere pagati/e alimentando così un sistema di sopraffazione che sfrutta i più deboli. Situazioni simili in cui l’investimento a monte non viene percepito accade in altre situazioni, penso al settore terziario. Un’amica mi confessò quanto la ferisse l’idea che la sua scelta di diventare parrucchiera fosse vista come un ripiego, quando in realtà è stata una decisione mossa dalla passione e per la quale investe tempo e risorse in corsi di formazione. Forse molti mancano di sensibilità? Grazie Maura de post ;).
Io mi sono sempre chiesta come riusciate. Ora so che tutte le questioni che mi giravano in testa effettivamente sono reali. Da spettatrice posso dire che riesco a seguire pochissimo perché conciliare diventa difficile, figuriamoci chi deve organizzare, viaggiare, presenziare, stare nei costi (per chi organizza) e non perderci troppo (per chi è invitato a partecipare)
Una riflessione assolutamente necessaria che va ad arricchire il fitto dibattito che ci sta vedendo coinvoltə in qualità proprio di operatorə culturali impegnati nelle organizzazioni di presentazioni/rassegne.
Il senso di frustrazione e di conseguente resa, alla luce di tutte le osservazioni giustissime di cui parli (dal problema della comunicazione al non riconoscimento del lavoro culturale con relativa non retribuzione, alla tendenza di farsi bastare la presentazione senza poi acquistare il libro), è il sentimento ad oggi predominante. Parlarne non riesce ancora ad essere risolutivo - soprattutto perché temo sia un dibattito che stia coinvolgendo solo noi addettə ai lavori ma poco gli utenti finali - ma certamente attenua quel senso di isolamento che è inevitabile sentire e che rischia di essere irrimediabilmente deleterio. Grazie.
Buongiorno Maura. Chiedo scusa se il mio commento è un po' OT. Avevo segnato per stasera l'appuntamento mensile del book club. Se ne era parlato durante l'incontro online di maggio. Avevo capito male ? E' rimandato ? Grazie.
Ciao Maura, non sono un'addetta ai lavori ma condivido appieno il tuo pensiero e le tue riflessioni. Io penso spesso alla fatica che "voi" fate. Da parte di chi ne trae beneficio dovrebbe esserci una maggiore consapevolezza che spinga ad andare oltre la presenza fisica e all'ascolto. Questo spesso manca durante le presentazioni dei libri, gli eventi e i festival, non solo da parte dei singoli ...
Nel mio piccolo cercherò di sensibilizzare i più sulla questione.
I nostri incontri per il bookclub, la filosofia di gruppo e la lettura silenziosa sono preziosi e penso anche da tanti apprezzati.
Grazie
Io credo che le conferenze e le presentazioni siano presidi sociali prima ancora che culturali.
Che rappresntino la "collettività" di questi giorni, di questa epoca.
Credo che siano i luoghi dove potrebbe aprirsi un dibattito o arrivare una soluzione.
Questo, ovviamente, al netto delle diatribe, dei protagonismi, delle invidie e di tutte le criticità che si annidano nella condivisione.
Voglio dire che non credo che ribellarsi alle troppe presentazioni non pagate sia il fulcro dela questione.
Per prima cosa mi faccio una domanda: chi le dovrebbe pagare?
Chi è che, teoricamente, ci guadagna? La risposta ha infinite sfumature, una per ogni tipologia di evento e di organizzazione. In moltissimi casi non ci guadagna nessuno proprio perché i libri non si vendono.
Quindi si tratterebbe di rendere commerciale un'operazione che non potrà mai trasformarsi in commercio.
Come può diventare economicamente possibile?
Comincerei ad approfondire quella necessità della Maura ragazza che non poteva esimersi dal coinvolgere il suo paese nella sua passione.
Ecco, questa è forse l'unica motivazione reale e interessante.
Condividere.
Condividere una passione o anche, semplicemente, non negare a nessuno la possibilità di conoscere.
Da qui, però, si passa alle kermesse gigantesche e autoreplicantesi, agli sgambetti fra editori, alla caccia al nome che non ha nulla a che fare con ciò che è necessario condividere o conoscere.
Da qui si passa a mettere prezzi (anche giusti: un treno e un albergo, in qualche modo deve essere pagato). Ma chi paga? Se ci guida una motivazione appassionata, chi se ne prende il rischio?
Quale parte di noi soddisfa il fare un evento? Soddisfa l'amor proprio dello scrittore che dopo un lungo viaggiare arriva, magari, in una libreria senza neanche uno spettatore? (Maura ricorderà quello che successe tanti anni fa, quando ci riducemmo a fare un video della presentazione in una libreria deserta...); soddisfa il portafoglio o i magazzini dell'editore che vende 10 copie se gli va bene? Soddisfa il libraio che su quelle 10 copie guadagna forse 50 euro?
A me sembra assurdo il proliferare delle presentazioni (in realtà mi sembra assurdo e vicino all'implosione il proliferare di tutti gli eventi culturali), eppure il mondo chiede a gran voce, chiede con la sua presenza di essere coinvolto. Una neccessità, un'utilità sempre più forte e necessaria che non può essere filtrata dal punto di vista economico.
Credo che dovremmo ingegnarci a trovare un nuovo linguaggio per ottenere, magari con gli stessi mezzi, quello scambio collettivo che manca.
Altrimenti vedremo sempre di più peggiorare la situazioni, crescere esponenzialmente le motivazioni di tutti e ridurre di nuovo tutto ad un mero scambio di denaro.
Ti vogliamo tanto tanto bene, grazie per aver condiviso questo disagio e no, non è un pensiero per privilegiati.
Grazie!
Più volte assistendo alle presentazioni penso "era meglio il libro"
Love.
Ciao Maura, questo podcast racchiude le riflessioni che sto affrontando proprio ora, ad Ottobre aprirò una Libreria in provincia di Pisa. Si, pensavo proprio che fosse necessario adottare nuovi approcci e sperimentare nuove gestioni nelle presentazioni. Non penso di potermi permettere di metter su una presentazione per riuscire a vendere 50 libri il giorno stesso ( se tutto va bene).
L’ idea è quella di far girare il libro prima e dopo. Prima affrontando le tematiche del libro ( o il pensiero dell’ autore, o le opere scritte prima della nuova uscita, un po’ per seguire un percorso) in un contesto di gruppi di lettura nelle scuole, consigli di lettura nella biblioteca della zona, incontri tematici coinvolgendo le associazioni del circondario. Fino all incontro con l’ autore. Questo processo una libreria non può farlo su 10 presentazioni all’ anno ma su 3 o 4 sì.
Girottolando per festival di zona (qui noi abbiamo Pensavo Peccioli organizzato da Il Post e il festival Ecofor incentrato sui temi ambientali che ha portato da noi autori importanti come Dacia Maraini) mi sono resa conto che la ‘ diffusione’ della bellezza del libro non c è. Il pubblico appartiene a una fascia di età dai 50 in sù ( cioè persone con una cultura già consolidata e attratte da queste iniziative). Ad esempio Mi piacerebbe vedere più festival organizzati dalle persone del posto, coinvolgendo i ragazzi nello staff. Per loro diventa una esperienza grandissima e riescono ad attrarre altri loro coetanei e famiglie.
A Livorno é stato organizzato un festival del genere , Festival Démadé che ha riscosso molto successo. Mi viene in mente ‘Un mare di Libri ‘ di Rimini. Creare piccole bolle qua e là, portare più giovani e collaborare tra librerie penso sia sostenibile, gratificante e positivo economicamente.
Faccio i complimenti a Te e ad Andrea perché siete tra i pochi in Italia che alle presentazioni e convegni hanno le prime tre file davanti piene di ragazzi e ragazze!!
E non affrontate temi da poco!!
Oltre voi forse mi viene in mente Recalcati ( forse gira più per le università) e Barbero che però è inflazionato a tutte le età 😂
Buona estate!
Enrica
E poi non voglio semplificare troppo l’aspetto economico, ma i libri costano quanto una maglietta di h&m ,comprarli è una scelta. Oggi giorno si può scegliere ed è possibile trovare copie usate o promozioni anche nelle librerie indipendenti.
A queste riflessioni più che legittime, penso a quelli che non sono neppure autori o autrici e che pur di far parte del mondo culturale e artistico, accettano di non essere pagati/e alimentando così un sistema di sopraffazione che sfrutta i più deboli. Situazioni simili in cui l’investimento a monte non viene percepito accade in altre situazioni, penso al settore terziario. Un’amica mi confessò quanto la ferisse l’idea che la sua scelta di diventare parrucchiera fosse vista come un ripiego, quando in realtà è stata una decisione mossa dalla passione e per la quale investe tempo e risorse in corsi di formazione. Forse molti mancano di sensibilità? Grazie Maura de post ;).
Io mi sono sempre chiesta come riusciate. Ora so che tutte le questioni che mi giravano in testa effettivamente sono reali. Da spettatrice posso dire che riesco a seguire pochissimo perché conciliare diventa difficile, figuriamoci chi deve organizzare, viaggiare, presenziare, stare nei costi (per chi organizza) e non perderci troppo (per chi è invitato a partecipare)
Comunque grazie come sempre.
Una riflessione assolutamente necessaria che va ad arricchire il fitto dibattito che ci sta vedendo coinvoltə in qualità proprio di operatorə culturali impegnati nelle organizzazioni di presentazioni/rassegne.
Il senso di frustrazione e di conseguente resa, alla luce di tutte le osservazioni giustissime di cui parli (dal problema della comunicazione al non riconoscimento del lavoro culturale con relativa non retribuzione, alla tendenza di farsi bastare la presentazione senza poi acquistare il libro), è il sentimento ad oggi predominante. Parlarne non riesce ancora ad essere risolutivo - soprattutto perché temo sia un dibattito che stia coinvolgendo solo noi addettə ai lavori ma poco gli utenti finali - ma certamente attenua quel senso di isolamento che è inevitabile sentire e che rischia di essere irrimediabilmente deleterio. Grazie.
Buongiorno Maura. Chiedo scusa se il mio commento è un po' OT. Avevo segnato per stasera l'appuntamento mensile del book club. Se ne era parlato durante l'incontro online di maggio. Avevo capito male ? E' rimandato ? Grazie.
alle 12.59 arriva il link!