Per molto tempo, il femminicidio è stato descritto come un delitto che riguardava le coppie adulte, e che avveniva in molti casi perché l’uomo non accettava la fine della relazione e voleva impedire alla donna di uscirne e di esercitare la propria libertà.
Ciao, penso che non bastino le iniziative lasciate alla buona volontà dei singoli, dovrebbe esserci una riforma strutturale, l'educazione "sentimentale/sessuo-affettiva" andrebbe inserita nel programma scolastico fin dalle elementari, magari coinvolgendo attivamente anche i genitori (so che qui sfioriamo l'utopia). Ho partecipato, e tenuto a mia volta gruppi di sostegno alla genitorialità, negli anni passati, grazie a minimi fondi stanziati da scuole "illuminate", che di anno in anno non si sapeva se sarebbero stati rinnovati. I genitori però erano sempre pochi, i più disponibili ad approfondire le tematiche e a mettersi in gioco, gli stessi genitori che andrebbero sicuramente nelle biblioteche che magari organizzano anche queste attività. Ci sono realtà di scuole dove venivano offerte iniziative anche in classe, sia con bimbi piccoli che con preadolescenti, giochi di ruolo e laboratori per promuovere l'educazione all'affettività. Iniziative che negli anni non sono state più mantenute per via della mancanza di fondi. Ma anche fossero continuate non sarebbe stato sufficiente. Serve un cambiamento strutturale, serve investire nel benessere dei giovani, emotivo, psicologico, affettivo, sessuale, ma seriamente. Ho sentito di un recente sondaggio, credo ne parlassero sul Post, che diceva che la maggior parte degli adolescenti sarebbe felice di parlare della loro vita affettivo/sessuale con persone che non facciano parte della famiglia. Quale miglior contesto di quello scolastico? Invece il prossimo anno studieremo la Bibbia e torneremo a imparare poesie a memoria.....
Buona sera Maura. Mi pare abbastanza evidente che questo governo non abbia alcuna intenzione di affrontare il problema. Tutte le proposte sono del tipo "venite già ammazzate". Dubito anche che governi di differente orientamento politico farebbero di più. In fondo le forze del centro-sinistra hanno governato in varie coalizioni negli anni precedenti, ma nulla di significativo è stato fatto. La domanda che mi pongo a questo punto è: siamo sicuri di dover aspettare che sia la politica a prendere iniziative su questo ? Per esempio, io vivo vicino a Milano e sono iscritto a 3 circuiti bibliotecari, tra cui quello della città di Milano: potrei sbagliare, ma in nessuno di questi ricordo iniziative volte a far comprendere meglio il problema (non dico a tenere corsi di educazione sentimentale). Possibile che non ci sia nessun tipo di organizzazione che abbia presenza sul territorio e che voglia prendersi questa responsabilità ?
Io penso che il problema sta nel continuare ad affermare che dobbiamo educare i maschi. Solo ed esclusivamente i maschi. Come se l’educazione non riguardasse tuttə, maschi, femmine, eccetera. Come li cresce la società, come li crescono le famiglie? Questi maschi assassini sono i nostri figli. Hanno padri e madri, che con il loro comportamento influenzano pesantemente il comportamento dei figli. E non mi riferisco solo alla mera violenza fisica. Suggerisco una serie danese, uscita ora su Netflix, si intitola La riserva, e l’articolo molto bello di Francesca Cavallo qui su Substack, nella rubrica Maschi del futuro, che ne parla.
Pensiamoci: tutto parte da una constatazione molto semplice. Quando due persone si lasciano, una coppia sposata, magari con figli, la gente come reagisce? Perché quando avvengono i femminicidi, sono tutti bravi a stracciarsi le vesti. Ma quando ci si lascia, magari prima di essere ammazzate, e non si racconta quello che si è subito per pudore (ma anche dichiarandolo) sapete le persone cosa dicono? “Potevano restare insieme, almeno per i figli”. Oppure si prende a parlare male, di lei o di lui, a seconda di come ci si schiera. Ecco. La separazione non è ben vista, è mal digerita… Questo è sicuramente uno degli aspetti. Educare al rispetto delle regole, delle persone, dei sentimenti altrui è qualcosa che assorbiamo nel quotidiano, dalle figure genitoriali in primis. Siamo noi i primi responsabili dell’educazione dei figli. Quando un 19enne, un 22enne uccide, da madre rabbrividisco e mi domando: ho fatto/sto facendo abbastanza per non tirare su un assassino? Non grido all’ergastolo, inneggiando alle punizioni più terribili. Uno. Perché quel figlio potrebbe essere mio. Due. Perché vorrei capire cosa fare per evitare di crescerne uno io stessa. Perché la violenza chiama altra violenza. Io non sto difendendo un omicida, né colpevolizzando una vittima. Ma c’è bisogno di approfondire il problema in modo serio, guardando ogni singolo aspetto del problema, anche i più scomodi. Perché quel problema l’ho attraversato. Ma chi ne parla, spesso, troppo spesso, non ha piena consapevolezza di cosa sia davvero.
(Non mi riferisco a voi Tlon che, anzi, affrontate questo tema in modo tutt’altro che semplicistico, e vi ringrazio)
Ho scritto questo articolo per sottolineare quanto questi casi di giovanissimi femminicidi indichino che le cose non stanno cambiando, perché non è sufficiente lasciar passare il tempo. Per il resto, parlo di educazione sentimentale (che non è solo educazione sessuo-affettiva) continuamente, ma il discorso non si può riassumere in una newsletter. La conclusione di “Erotica dei sentimenti” è che il problema sia negli adulti, e infatti qui parlo di un rimosso che non si vuole vedere, e di una responsabilità collettiva. Non ho detto che dobbiamo educare solo ed esclusivamente i maschi, non faccio un discorso così semplicistico, e cerco di basarmi sugli studi di pedagogia e psicologia (che dicono per esempio - come ripeto sempre - che le lezioni frontali e gli approcci prescrittivi non servono a niente, e anzi a volte peggiorano la situazione).
Quello che mi preoccupa moltissimo è il fatto che quell’analfabetismo emozionale, quell’incapacità di maneggiare le emozioni come cosa viva e vitale, contagia molte più persone, uomini e donne, ragazze e ragazzi, di quanto immaginiamo probabilmente.
Se la rete sociale stessa normalizza i gesti che precedono sempre la deflagrazione della rabbia, i divieti, il controllo, lo schiaffo, la sottile persecuzione, come può proteggere, come può mostrare altre strade, altri modi?
Quello che mi preoccupa moltissimo è il fatto che quell’analfabetismo emozionale, quell’incapacità di maneggiare le emozioni come cosa viva e vitale, contagia molte più persone, uomini e donne, ragazze e ragazzi, di quanto immaginiamo probabilmente.
Se la rete sociale stessa normalizza i gesti che precedono sempre la deflagrazione della rabbia, i divieti, il controllo, lo schiaffo, la sottile persecuzione, come può proteggere, come può mostrare altre strade, altri modi?
C'è un aspetto che forse è ancora prima di questa mancata educazione, io credo, ovvero la negazione del maschilismo e del patriarcato. Sebbene se ne parli tantissimo, siamo circondate ancora,oltre che politici che non sanno manco pronunciarlo (vedi De Luca nell'ultimo intervento che dice paternalismo, e no, non è ignoranza, è un lapsus proprio), da persone e da uomini comuni, che io reputo piuttosto incapaci di arrivare a quell' escalation che conduce al femminicidio, che negano e rifiutano questa definizione, affermando che oggi c' è piena parità e che il maschilismo non gli e non ci appartiene più. E dico ci, senza aggiungere altro. E ancora, uomini che pur stando con donne profondamente coinvolte nella lotta contro la violenza di genere, hanno ogni tanto dei dubbi sulla lettura del fenomeno, come in quest'ultimo femminicidio. Dubitare è lecito e essere poi disposti al confronto è una virtù, che però non interessa a nessuno quasi.
10 anni fa vinsi un bando con un progetto sull'educazione ai sentimenti con cui proponevo a molte scuole interventi gratuiti, ma alcune avevano paura della teoria gender e rifiutarono. Oggi molte più realtà parlano di educazione ai sentimenti in Italia (anche se non ci si mette mai d'accordo su cosa significhi) ma ancora si nomina questa teoria gender. I cambiamenti sono lenti, ok. Ma tanto però! Mi accorgo che troppo spesso mi ritrovo ad argomentare su concetti e collegamenti sul fenomeno della violenza di genere con coetanei e coetanee (40) che per me sono ovvi, ma dall'altra parte c'è proprio un rifiuto (e forse io non mi so esprimere bene).
La mancanza di educazione che gli adulti (non) impartiscono deriva secondo me dal meccanismo psichico collettivo di negazione (per la paura di toccare il marcio che ci abita) che è difficilissimo da lavorare. La psiche è realtà e crea realtà, dunque anche la negazione in quanto meccanismo psichico dà forma alla realtà. E la sua portata secondo me è paragonabile a chi negava o nega le atrocità delle guerre e dei genocidi, solo in misura diversa, più costante, meno eclatante della caccia alle streghe, ma sempre radicata. In questo preciso periodo di forte incertezza e minaccia da parte dello stato, si vanno esacerbando le difese.
Ciao, penso che non bastino le iniziative lasciate alla buona volontà dei singoli, dovrebbe esserci una riforma strutturale, l'educazione "sentimentale/sessuo-affettiva" andrebbe inserita nel programma scolastico fin dalle elementari, magari coinvolgendo attivamente anche i genitori (so che qui sfioriamo l'utopia). Ho partecipato, e tenuto a mia volta gruppi di sostegno alla genitorialità, negli anni passati, grazie a minimi fondi stanziati da scuole "illuminate", che di anno in anno non si sapeva se sarebbero stati rinnovati. I genitori però erano sempre pochi, i più disponibili ad approfondire le tematiche e a mettersi in gioco, gli stessi genitori che andrebbero sicuramente nelle biblioteche che magari organizzano anche queste attività. Ci sono realtà di scuole dove venivano offerte iniziative anche in classe, sia con bimbi piccoli che con preadolescenti, giochi di ruolo e laboratori per promuovere l'educazione all'affettività. Iniziative che negli anni non sono state più mantenute per via della mancanza di fondi. Ma anche fossero continuate non sarebbe stato sufficiente. Serve un cambiamento strutturale, serve investire nel benessere dei giovani, emotivo, psicologico, affettivo, sessuale, ma seriamente. Ho sentito di un recente sondaggio, credo ne parlassero sul Post, che diceva che la maggior parte degli adolescenti sarebbe felice di parlare della loro vita affettivo/sessuale con persone che non facciano parte della famiglia. Quale miglior contesto di quello scolastico? Invece il prossimo anno studieremo la Bibbia e torneremo a imparare poesie a memoria.....
Buona sera Maura. Mi pare abbastanza evidente che questo governo non abbia alcuna intenzione di affrontare il problema. Tutte le proposte sono del tipo "venite già ammazzate". Dubito anche che governi di differente orientamento politico farebbero di più. In fondo le forze del centro-sinistra hanno governato in varie coalizioni negli anni precedenti, ma nulla di significativo è stato fatto. La domanda che mi pongo a questo punto è: siamo sicuri di dover aspettare che sia la politica a prendere iniziative su questo ? Per esempio, io vivo vicino a Milano e sono iscritto a 3 circuiti bibliotecari, tra cui quello della città di Milano: potrei sbagliare, ma in nessuno di questi ricordo iniziative volte a far comprendere meglio il problema (non dico a tenere corsi di educazione sentimentale). Possibile che non ci sia nessun tipo di organizzazione che abbia presenza sul territorio e che voglia prendersi questa responsabilità ?
Io penso che il problema sta nel continuare ad affermare che dobbiamo educare i maschi. Solo ed esclusivamente i maschi. Come se l’educazione non riguardasse tuttə, maschi, femmine, eccetera. Come li cresce la società, come li crescono le famiglie? Questi maschi assassini sono i nostri figli. Hanno padri e madri, che con il loro comportamento influenzano pesantemente il comportamento dei figli. E non mi riferisco solo alla mera violenza fisica. Suggerisco una serie danese, uscita ora su Netflix, si intitola La riserva, e l’articolo molto bello di Francesca Cavallo qui su Substack, nella rubrica Maschi del futuro, che ne parla.
Pensiamoci: tutto parte da una constatazione molto semplice. Quando due persone si lasciano, una coppia sposata, magari con figli, la gente come reagisce? Perché quando avvengono i femminicidi, sono tutti bravi a stracciarsi le vesti. Ma quando ci si lascia, magari prima di essere ammazzate, e non si racconta quello che si è subito per pudore (ma anche dichiarandolo) sapete le persone cosa dicono? “Potevano restare insieme, almeno per i figli”. Oppure si prende a parlare male, di lei o di lui, a seconda di come ci si schiera. Ecco. La separazione non è ben vista, è mal digerita… Questo è sicuramente uno degli aspetti. Educare al rispetto delle regole, delle persone, dei sentimenti altrui è qualcosa che assorbiamo nel quotidiano, dalle figure genitoriali in primis. Siamo noi i primi responsabili dell’educazione dei figli. Quando un 19enne, un 22enne uccide, da madre rabbrividisco e mi domando: ho fatto/sto facendo abbastanza per non tirare su un assassino? Non grido all’ergastolo, inneggiando alle punizioni più terribili. Uno. Perché quel figlio potrebbe essere mio. Due. Perché vorrei capire cosa fare per evitare di crescerne uno io stessa. Perché la violenza chiama altra violenza. Io non sto difendendo un omicida, né colpevolizzando una vittima. Ma c’è bisogno di approfondire il problema in modo serio, guardando ogni singolo aspetto del problema, anche i più scomodi. Perché quel problema l’ho attraversato. Ma chi ne parla, spesso, troppo spesso, non ha piena consapevolezza di cosa sia davvero.
(Non mi riferisco a voi Tlon che, anzi, affrontate questo tema in modo tutt’altro che semplicistico, e vi ringrazio)
Ho scritto questo articolo per sottolineare quanto questi casi di giovanissimi femminicidi indichino che le cose non stanno cambiando, perché non è sufficiente lasciar passare il tempo. Per il resto, parlo di educazione sentimentale (che non è solo educazione sessuo-affettiva) continuamente, ma il discorso non si può riassumere in una newsletter. La conclusione di “Erotica dei sentimenti” è che il problema sia negli adulti, e infatti qui parlo di un rimosso che non si vuole vedere, e di una responsabilità collettiva. Non ho detto che dobbiamo educare solo ed esclusivamente i maschi, non faccio un discorso così semplicistico, e cerco di basarmi sugli studi di pedagogia e psicologia (che dicono per esempio - come ripeto sempre - che le lezioni frontali e gli approcci prescrittivi non servono a niente, e anzi a volte peggiorano la situazione).
Ma infatti alla fine ho scritto che non mi riferisco a voi.
Quello che mi preoccupa moltissimo è il fatto che quell’analfabetismo emozionale, quell’incapacità di maneggiare le emozioni come cosa viva e vitale, contagia molte più persone, uomini e donne, ragazze e ragazzi, di quanto immaginiamo probabilmente.
Se la rete sociale stessa normalizza i gesti che precedono sempre la deflagrazione della rabbia, i divieti, il controllo, lo schiaffo, la sottile persecuzione, come può proteggere, come può mostrare altre strade, altri modi?
Quello che mi preoccupa moltissimo è il fatto che quell’analfabetismo emozionale, quell’incapacità di maneggiare le emozioni come cosa viva e vitale, contagia molte più persone, uomini e donne, ragazze e ragazzi, di quanto immaginiamo probabilmente.
Se la rete sociale stessa normalizza i gesti che precedono sempre la deflagrazione della rabbia, i divieti, il controllo, lo schiaffo, la sottile persecuzione, come può proteggere, come può mostrare altre strade, altri modi?
Cmq molto tempo fa tu e Andrea Colamedici giraste degli interventi divulgativi molto interessanti sul femminismo, sarebbe interessante farli rigirare
C'è un aspetto che forse è ancora prima di questa mancata educazione, io credo, ovvero la negazione del maschilismo e del patriarcato. Sebbene se ne parli tantissimo, siamo circondate ancora,oltre che politici che non sanno manco pronunciarlo (vedi De Luca nell'ultimo intervento che dice paternalismo, e no, non è ignoranza, è un lapsus proprio), da persone e da uomini comuni, che io reputo piuttosto incapaci di arrivare a quell' escalation che conduce al femminicidio, che negano e rifiutano questa definizione, affermando che oggi c' è piena parità e che il maschilismo non gli e non ci appartiene più. E dico ci, senza aggiungere altro. E ancora, uomini che pur stando con donne profondamente coinvolte nella lotta contro la violenza di genere, hanno ogni tanto dei dubbi sulla lettura del fenomeno, come in quest'ultimo femminicidio. Dubitare è lecito e essere poi disposti al confronto è una virtù, che però non interessa a nessuno quasi.
10 anni fa vinsi un bando con un progetto sull'educazione ai sentimenti con cui proponevo a molte scuole interventi gratuiti, ma alcune avevano paura della teoria gender e rifiutarono. Oggi molte più realtà parlano di educazione ai sentimenti in Italia (anche se non ci si mette mai d'accordo su cosa significhi) ma ancora si nomina questa teoria gender. I cambiamenti sono lenti, ok. Ma tanto però! Mi accorgo che troppo spesso mi ritrovo ad argomentare su concetti e collegamenti sul fenomeno della violenza di genere con coetanei e coetanee (40) che per me sono ovvi, ma dall'altra parte c'è proprio un rifiuto (e forse io non mi so esprimere bene).
La mancanza di educazione che gli adulti (non) impartiscono deriva secondo me dal meccanismo psichico collettivo di negazione (per la paura di toccare il marcio che ci abita) che è difficilissimo da lavorare. La psiche è realtà e crea realtà, dunque anche la negazione in quanto meccanismo psichico dà forma alla realtà. E la sua portata secondo me è paragonabile a chi negava o nega le atrocità delle guerre e dei genocidi, solo in misura diversa, più costante, meno eclatante della caccia alle streghe, ma sempre radicata. In questo preciso periodo di forte incertezza e minaccia da parte dello stato, si vanno esacerbando le difese.