La follia del profitto, la saggezza della vita. Conversazione con Fritjof Capra
Con l'autore del mitico "Il Tao della Fisica" (Adelphi, 1982) abbiamo parlato di pensiero sistemico, intelligenza artificiale, Leonardo da Vinci, creatività e alfabetizzazione ecologica.
Vista l’eccezionalità del contributo, in questa newsletter domenicale apriamo a tutti la lettura di questa conversazione avvenuta il 24 gennaio 2025 con Fritjof Capra, l’autore del mitico Il Tao della Fisica (Adelphi, 1982). Durante l’intervista emergono riflessioni fondamentali sul rapporto tra sistemi viventi, crisi globali e futuro della società. Capra, noto per il suo approccio interdisciplinare che intreccia scienza, filosofia e sostenibilità, offre una prospettiva unica su come il pensiero sistemico possa aiutarci ad affrontare (o per meglio dire, a navigare, come vedremo) le sfide complesse del nostro tempo.
Qui la registrazione audio della conversazione, per gli abbonati.
Colamedici: Salve, Professor Capra. La mia prima domanda riguarda il suo ultimo lavoro recentemente pubblicato in Italia: ne I principi sistemici della vita (Aboca, 2024) lei sottolinea l’interconnessione tra i sistemi viventi e i sistemi sociali. Come possiamo applicare praticamente questa visione per affrontare l’attuale crisi climatica e quella politica?
Capra: Sì, è una buona domanda per iniziare, ed è in realtà parte della motivazione per cui ho lavorato sulla cosiddetta visione sistemica della vita per così tanti decenni. Quando guardiamo allo stato del mondo oggi, alla nostra crisi globale multiforme, ciò che è più evidente è che nessuno dei nostri principali problemi globali può essere compreso isolatamente. Quindi, che si parli di economia, cambiamento climatico, disuguaglianza economica, ambiente e, più recentemente, della recrudescenza della violenza e della guerra in diversi luoghi - tutti questi problemi sono fondamentalmente interconnessi e interdipendenti. Sono problemi sistemici e necessitano di soluzioni sistemiche corrispondenti. Soluzioni che non si concentrano su un singolo problema, ma su un problema nel contesto di altri problemi. Ed è per questo che il pensiero sistemico, il pensare in termini di relazioni, in termini di modelli, in termini di contesto, è così importante.
Colamedici: A proposito di questa interconnessione, Lei ha scritto che dobbiamo capire quali utilizzi dell’IA sono utili e appropriati e quali sono, invece, inappropriati: perché, mentre possono migliorare gli aspetti matematici dell'intelligenza umana, possono diminuire al contempo la nostra intelligenza o “saggezza incarnata”, o il nostro modo di vivere. Potrebbe dirci di più a proposito?
Capra: Sì. Beh, permettimi di fornire un po’ di contesto scientifico partendo dalle reti. Al cuore della comprensione sistemica della vita c’è la consapevolezza che i sistemi viventi si organizzano come reti. Il passaggio dal vedere il mondo come una macchina a comprenderlo come una rete o come reti all’interno di reti è al cuore della visione sistemica.
C'è un secondo aspetto in questa rigenerazione, ed è intimamente connesso al fatto che la vita è intrinsecamente intelligente. Esiste un’intelligenza vivente naturale che è sempre organicamente incarnata. Fa parte di questa rigenerazione. Per chiarire molto brevemente: un organismo che si rigenera continuamente ha bisogno di un flusso continuo di materiali per farlo. Un flusso di energia e materia. E questo è ovviamente ben noto. Tutti abbiamo bisogno di mangiare, bere e respirare per rimanere vivi.
Un organismo vivente non si limita a stare seduto ad aspettare che arrivino questi flussi metabolici. Deve uscire e cercarli. E quindi le interazioni degli organismi viventi con il loro ambiente sono sempre interazioni cognitive. C’è un’intelligenza intrinseca nella vita. E la principale qualità di questa intelligenza vivente è essere nel mondo, essere in grado di muoversi in esso, di sopravvivere in esso e, come ho detto, è organicamente incarnata.
Ora, quando guardiamo all’IA, accade qualcosa di molto diverso - è un’intelligenza che si esprime matematicamente in termini di algoritmi, in termini di modelli matematici, e così via. Oggi, quando guardiamo alle varie applicazioni, vediamo che l’IA viene utilizzata prevalentemente al servizio di una visione della società che vede il fare soldi come suo obiettivo principale invece del benessere umano, e così facendo distrugge l'ambiente naturale da cui dipende la sopravvivenza umana. Quindi, se la guardiamo in questo modo, potremmo dire che non è molto intelligente. Non è una società molto intelligente. Ecco perché dico che l’IA è molto utile in molti modi, ma quando interferisce con la nostra intelligenza naturale vivente, in altre parole, con la nostra saggezza su come vivere, allora diventa pericolosa e dobbiamo contenerla e limitarla in questo senso.
Colamedici: E per quanto riguarda la creatività? Nel suo libro, prima di iniziare a parlare di intelligenza intrinseca lei parla della creatività intrinseca, dell'importanza della creatività, di come questa ci trasformi e di come la comprensione delle sua possibilità mutino con questo modo di pensare.
Capra: Sì. Per me, questa comprensione della creatività intrinseca della vita è il risultato e il traguardo più importante della teoria della complessità. Questa nuova matematica non lineare che è stata sviluppata negli anni ‘70 e ‘80 - e la mia sintesi del pensiero sistemico e della visione sistemica si basa in realtà su questa teoria della complessità; ecco perché la chiamo pensiero sistemico avanzato. Per distinguerla dalle teorie classiche dei sistemi degli anni ‘30 e ‘40.
Poco fa ho menzionato il fatto che c’è un flusso metabolico continuo di energia e materia attraverso un organismo vivente, e il flusso passa attraverso le reti. Il fatto che passi attraverso le reti significa che ci sono percorsi circolari coinvolti. Ci sono cicli, e questi cicli possono agire come anelli di feedback che consentono a un organismo di regolarsi, di organizzarsi.
Ciò che può accadere, allora, è che si verifichi una rottura: l'organismo muore o, più frequentemente, si apre verso un nuovo stato di ordine. E questo fenomeno è oggi noto come emergenza. L’emergenza spontanea di un nuovo ordine in punti critici di instabilità rappresenta la creatività intrinseca della vita. Quindi la vita si protende costantemente verso il suo ambiente per creare novità. È intrinsecamente creativa.
Penso che questo sia estremamente importante, perché tendiamo a pensare a noi esseri umani come creativi se siamo artisti o designer, o se lavoriamo in qualche lavoro cosiddetto creativo. In realtà tutti noi siamo creativi semplicemente perché siamo vivi, perché la vita stessa è intrinsecamente creativa. Quindi, questo è ciò che chiamo i miei “principi della vita”: la vita si organizza in reti. La vita è intrinsecamente rigenerativa. È intrinsecamente creativa ed è intrinsecamente intelligente.
Colamedici: Nel suo ultimo libro pubblicato in Italia lei cita uno dei più grandi italiani di tutti i tempi, Leonardo da Vinci, del quale ha studiato l’esempio di “comprensione sistemica della natura”. Quali lezioni dal metodo leonardesco potrebbero essere particolarmente rilevanti per gli scienziati e gli ecologisti di oggi?
Capra: Beh, ci sono due o tre grandi lezioni che possiamo imparare. Una è che Leonardo era un pensatore sistemico. Ogni volta che affrontava un problema lo metteva in relazione con altri problemi, e quando faceva progressi in un’area, rivisitava le altre aree connesse. Quindi, per esempio, quando studiava il flusso dell'acqua nell’ambiente, nei paesaggi, studiava anche il flusso della linfa nelle piante e il flusso del sangue nel corpo umano, e li metteva sempre in relazione. Quindi il progresso del pensiero di Leonardo procede un po’ come una spirale. Va in giro per tutti questi campi e poi di nuovo a un livello superiore, e poi ancora a un livello superiore.
Questa è una cosa molto importante che possiamo imparare per affrontare i nostri principali problemi in modo sistemico. L’altro aspetto è che Leonardo era estremamente creativo, e tuttavia ha sempre rispettato e ammirato la creatività della natura. Credeva che la creatività della natura fosse di gran lunga superiore alla creatività umana, e ha sempre usato la natura come modello e come mentore. E quindi questa è la filosofia di oggi del cosiddetto eco-design, design ecologico o biomimetica, per imitare le strutture e i processi biologici.
E infine, ciò che possiamo imparare da Leonardo è che la sua scienza non può essere compresa senza la sua arte, né la sua arte senza la sua scienza. Credeva che per dipingere, diciamo, una scena di interazioni umane con emozioni umane, si dovesse davvero capire l’organismo umano, e per dipingere una grotta come nella Vergine delle Rocce, per esempio, si dovesse capire l'ecologia di questo sfondo. E così c'è sempre scienza nei suoi dipinti.
E quando faceva la sua scienza, questa era una scienza molto non lineare, come diremmo oggi; la scienza delle forme viventi per cui non c’era matematica, e che è difficile da descrivere. Quindi spesso, invece di descrivere la sua scoperta, la disegnava e aveva questo enorme talento nel disegno. Questo era uno dei suoi principi chiave, il disegno delle forme, e possiamo imparare anche da questo il fatto che dovremmo dare un posto più grande all’arte nei nostri sforzi. Quando guardiamo alla vita pubblica oggi, abbiamo grandi conferenze di scienziati, filosofi, politici e, magari dopo cena arriva un quartetto d’archi per fare un po’ di intrattenimento, ma l’arte non contribuisce alla conferenza. Si limita a impreziosirla. Potremmo invece coinvolgere molto di più gli artisti nella nostra ricerca della comprensione della natura e della comprensione della vita.
Colamedici: Sì, penso al termine “cosmetico”, che deriva dal greco “kosmos”. Pensiamo che l’arte sia cosmetica perché la vediamo solo come qualcosa che possiamo usare per, come dice lei, un po’ di musica per fermarci, riposarci e poi tornare a fare le cose serie, a pensare. Ma il kosmos è letteralmente il fare ordine. L’arte è cosmetica nel senso più alto del termine, perché inventa un ordine. È anche il ruolo del mito per Platone, per esempio, che non è solo un modo per rifiatare tra un logos e l’altro, ma è soprattutto una via con cui andare diversamente in profondità.
Capra: Sì. E penso anche che ci sia una connessione con la creatività di cui abbiamo parlato prima, perché gli artisti prosperano sulla creatività. La comprensione scientifica della creatività della vita ci dice che questa emerge da una crisi, da un processo critico di instabilità. E mi sembra che gli artisti cerchino questa crisi, e siano più creativi quando sono sotto questo stress di un punto critico. Penso sempre a Michelangelo che dipinge la Sistina disteso sulla schiena, su questa impalcatura, e che insiste nel farlo da solo, senza alcun aiuto. Ha reso il più difficile possibile dipingere il proprio capolavoro.
Colamedici: Perché oggi abbiamo così tante difficoltà ad essere ecologicamente alfabetizzati? Perché Leonardo da Vinci era così pieno di alfabetizzazione ecologica e oggi invece ne siamo così privi?
Capra: Sì. Beh, al tempo di Leonardo, nel XV secolo, non c’erano discipline accademiche rigide. Le persone parlavano di biologia, di architettura, di ingegneria e di vari altri campi, ma non erano compartimenti stagni come lo sono oggi nel mondo accademico. Oggi scienziati e filosofi hanno investito pesantemente nella visione meccanicistica del mondo e sono molto riluttanti ad adottare una visione sistemica, perché questa li costringerebbe a riscrivere i loro libri di testo, a riorganizzare i dipartimenti accademici. La visione dei sistemi è intrinsecamente multidisciplinare, e oggi abbiamo difficoltà nelle nostre università a perseguire approcci multidisciplinari.
Ora le cose stanno cambiando, grazie a Dio, e ci sono molte università, e anche nelle grandi università conservatrici ci sono piccoli dipartimenti che sono più progressisti. Ma è vero anche che le persone hanno investito nel vecchio paradigma, nella visione meccanicista, sia intellettualmente che finanziariamente. Riorganizzare un dipartimento o riorganizzare una società per le aziende di combustibili fossili, per fare l’esempio più estremo, costa molto denaro e sono riluttanti a farlo. Preferiscono i profitti a breve termine piuttosto che la sostenibilità a lungo termine.
Colamedici: Ho letto su consiglio del sito del Capra Course un brillante articolo di Jeremy Lent sulla rielezione di Trump, che recita così: “Questo è il mio invito a voi che sentite la sofferenza intorno e che volete lavorare in modo generativo con gli altri per capire ciò che è possibile fare per un mondo trasformato. Agite come un faro nell’oscurità. Unitevi ad altri nell'intraprendere un’azione efficace e compassionevole per sostenere chi ne ha più bisogno. Cercate, imparate e aiutate a costruire alternative che affermino la vita”. A volte davvero non riesco a capire perché parliamo così tanto di carbonio, di petrolio e di strumenti e modalità che sono così chiaramente imbarazzanti per noi come esseri umani.
Capra: Sì. Credo che sia la riluttanza delle grandi organizzazioni a cambiare perché hanno investito così tanto nello status quo. Stiamo per entrare, proprio ora, in un periodo di grande turbolenza politica, e nessuno sa davvero cosa succederà e quali saranno i risultati. Ma, a mio avviso, una cosa che possiamo dire con certezza è che il pensiero sistemico, tenendo conto della fondamentale interdipendenza di tutti i problemi, sarà più necessario che mai. E così nel mio Capra Course e nei miei libri continuo a promuovere la visione sistemica, perché questo è ciò di cui abbiamo bisogno. Siamo in una vera crisi. Potremmo non farcela, ma se ce la faremo, sarà solo attraverso un nuovo approccio sistemico.
Colamedici: Lei ha dedicato molto tempo allo studio delle comunità sostenibili; quali sono le realtà più promettenti che ha incontrato? Guardiamo spesso agli esempi non positivi, ma quali sono invece i tentativi più riusciti che ha incontrato, e cosa possiamo imparare da loro?
Capra: C’è una lezione principale che possiamo imparare, tornando all’approccio del “prendere la natura come nostra guida”. Possiamo chiederci come fanno gli ecosistemi a sostenersi, e vedere che in questi miliardi di anni di evoluzione hanno sviluppato certi principi di organizzazione, certi principi ecologici che li aiutano a sostenere la vita. Questi principi sono radicati nei miei quattro principi della vita. E nel contesto ecologico si potrebbe dire che un principio fondamentale è che in un ecosistema ciò che è rifiuto per una specie è cibo per un’altra. E così la materia circola continuamente attraverso l’ecosistema. Questi cicli ecologici sono alimentati dall'energia solare e non ci sono rifiuti, e c'è una grande diversità che assicura la resilienza.
Quindi possiamo imparare da tutto questo, e nel corso degli anni mi sono reso conto che questi principi ecologici sono tutti diversi aspetti di un unico principio, che è quello di creare e coltivare le comunità. Sono tutti aspetti delle comunità: condividere le risorse, riciclare, coltivare la diversità e così via. Queste sono tutte qualità delle comunità. Quindi direi che troviamo l’esempio più promettente di sostenibilità nelle comunità come gli ecovillaggi, o altre comunità regionali o digitali che collaborano su varie istanze. Penso che il modo per sostenere la vita sia costruire e coltivare comunità. Questa è la lezione più importante che penso dobbiamo imparare.
Colamedici: Quello che dice mi ricorda le parole del sociologo francese Edgar Morin, quando sostiene che navighiamo in un oceano di incertezza attraverso un arcipelago di certezze, piccole isole di certezze. Sto pensando ai miei figli, e vorrei chiederle come possiamo coltivare l’entusiasmo dei giovani in questo momento di eco-ansia.
Capra: Sì, questo è davvero difficile, e amo questa frase di Edgar Morin. No
n l’avevo mai sentita, ma posso dirle che la filosofia di Edgar Morin è molto vicina alla mia. Quando parla di complessità siamo davvero sulla stessa lunghezza d’onda. E c’è un’altra mia collega, Margaret Wheatley, che è una teorica dell'organizzazione e consulente aziendale, che non parla di isole di certezza ma di isole di sanità. Sa, in mezzo a una tempesta furiosa possiamo costruire isole di sanità.
E questo è stato il mio tentativo con il mio corso e con i miei libri: creare comunità che abbraccino una visione della vita che è di buon senso, è anche legata a molte visioni indigene, filosofie di vita indigene, ed è una visione di sanità in mezzo alla follia. Come ho detto prima, questa è una società che vede il fare soldi come suo obiettivo principale, e così facendo distrugge la sua base fisica non è una società sana. Quindi quello che dobbiamo fare è costruire isole di sanità in mezzo a questa follia ed è difficile farlo. Penso che sia l’unico modo.
Questa intervista è stata condotta via Zoom il 24 gennaio 2025, alle 19.00 ore italiane.
Isole di sanità ❤️ Grazie per essere costante fonte di ispirazione
Mi stuzzica all'inizio l'osservazione che anche la vita biologica è un flusso in simbiosi con il sistema molto più ampio della natura. Ergo ci nutriamo e siamo parte del flusso, oltre che rimanere in vita. Ovvio fin qui. Ma di cosa si nutrono i sistemi artificiali tipo web e AI? Di due cose. Delle informazioni e dati che vi inseriamo e dell'energia elettrica. Noi però invecchiamo e abbiamo una fine. Questi sistemi invece sono sempre giovani. A differenza del computer telefono automobile che possiamo accendere e spegnere, e che a un certo punto smettono di funzionare, web e AI non si spengono mai, come del resto noi umani, nel nostro caso almeno fino a che siamo in vita. Invece, non ci viene neppure il dubbio che possano essere messi in pausa e avere un fine corsa. Non hanno neppure un pulsante per spegnerli. Ancora più improbabile l'idea di staccare la spina e togliere la corrente. Non solo, ma oggi chi penserebbe di poter avere una vita più lunga di questi sistemi tecnologici semi viventi?
Eppure ne consumano di energia?
Forse il passaggio verso fonti energetiche rinnovabili e potenzialmente inesauribili potrebbe essere rilanciato dalla necessità di tenere in vita la tecnologia! Ma non per salvare il pianeta ma perché le energie fossili si potrebbero esaurire e l'eutanasia di web e AI è impensabile. Un'ipotesi del genere di solito appartiene alla fantascienza e al genere catastrofico. Nel secolo scorso si temeva l'estinzione della civiltà per causa dell'olocausto nucleare. Oggi abbiamo fatto un passo in avanti. Non solo la tecnologia potrebbe, se mal gestita, procurare danni immensi, ma lo farebbe anche dovesse scomparire.
Così, ecco che un semplice commento di apprezzamento si è trasformato in un pippone vagamente distopico. Non era mia intenzione. Semplicemente cerco di partire da considerazioni ovvie per ... Non lo so.
Che faccio, cancello?