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Il punto di rottura. Gaza e la crisi dell’ordine occidentale
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Il punto di rottura. Gaza e la crisi dell’ordine occidentale

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Andrea Colamedici
mag 28, 2025
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Il punto di rottura. Gaza e la crisi dell’ordine occidentale
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Non so bene quali fattori abbiano portato a questo cambiamento percettivo su Gaza.

So che, da una settimana a questa parte, ho visto esporsi contro il massacro quotidiani, programmi televisivi, giornalisti, intellettuali fino a oggi pressoché dormienti, se non proprio ostili alla causa. Non so quali equilibri siano cambiati - se sia dipeso, come credo, soprattutto da questioni economiche e politiche che ignoriamo, o se abbia perso presa la bieca propaganda israeliana dopo un certo numero di corpi di bambini martoriati. Se ci sia un limite oltre il quale l’orrore diventi innegabile: non credo, ma non lo escludo.

Imad Abu Shtayyah ,We shall return

So però che qualcosa di sostanziale nell’opinione pubblica italiana è cambiato (basti guardare la prima pagina di oggi di Repubblica che titola “Mobilitazione per Gaza”, assolutamente impensabile anche solo un mese fa), e in molti hanno meno paura a esporsi e a criticare l’operato abominevole di Netanyahu e sodali (che, intendiamoci non è cambiato di una virgola). In molti, cioè, non temono più di passare per antisemiti quando semplicemente criticano l’operato di Israele - come ha provato a fare Bocchino con Jebreal - o di rischiare il lavoro nell’esprimere solidarietà a un popolo distrutto. È cambiata l’aria (almeno un po’, e almeno per ora), e in diversi si stanno adeguando. Bene, benissimo. E sarebbe miope non riconoscere il ruolo giocato da una contro-narrazione nata sui social, nei podcast, nei video indipendenti, nelle testimonianze dirette dei civili palestinesi. La frattura, insomma, non è arrivata dall’alto, ma da un lento lavoro di logoramento dell’indifferenza operato da chi, fuori dai circuiti istituzionali, ha continuato a mostrare immagini, a condividere nomi, a raccontare storie.

Ora, è comprensibile il fastidio di chi si spende da anni (se non da decenni) per sensibilizzare in mezzo all’ignavia diffusa. È comprensibile che si dica ai Nanni Moretti di turno che si svegliano adesso “alla buon’ora”. Hanno ragione.

E però bisogna anche allargare lo sguardo, pensare al bene della causa mettendo in secondo piano tutto il resto e accogliere qualunque forma di sostegno arrivi, seppur in ritardo. Qui si tratta di compattare un continente intero (l’Europa) ad agire concretamente per interrompere e processare i colpevoli di questo orrore, che va avanti da troppo tempo sotto gli occhi del mondo.

La giustizia per Gaza passa attraverso la costruzione di una maggioranza politica e sociale abbastanza ampia da costringere i governi europei ad agire. Questo vuol dire accettare che la causa giusta accolga anche chi arriva tardi, anche chi si muove per calcolo più che per convinzione, anche chi fino a ieri ha taciuto per convenienza. Anche gli stronzi.

Non per coscienza, spesso, ma per esposizione: perché chi tace in questo momento rischia di apparire complice, e la reputazione – in un’epoca che vive di immagini – è una moneta troppo preziosa per essere sacrificata. Va bene anche così. Le grandi trasformazioni avvengono così: quando una minoranza riesce a spostare l'asse della discussione pubblica al punto da rendere il silenzio più costoso della parola. Ora che questo momento è arrivato, sarebbe un errore sprecarlo in recriminazioni. L'urgenza è un’altra: trasformare questo consenso emergente in pressione concreta, durissima, sui governi; in sanzioni economiche, in isolamento effettivo di chi continua a perpetrare l’orrore. Il tempo delle liste interne, dei buoni e meno buoni, può aspettare.

Il tempo di Gaza, no. Ma attenzione: questa breccia potrebbe richiudersi. La macchina propagandistica è già all’opera, pronta a delegittimare chi oggi si espone, a riscrivere la narrazione non appena calerà l’attenzione mediatica. È per questo che serve consolidare il consenso, organizzarlo, dargli forma e durata. Non basta indignarsi. Poi c’è una verità più profonda che questo momento di svolta rivela, e che va oltre Gaza stessa. Quello a cui stiamo assistendo

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